Intervista ad Antonio De Feo, titolare della ditta esecutrice dei lavori di Restauro.
L’ intervento è stato eseguito dalla De Feo Antonio Restauri di Roma, sotto la supervisione del project manager Dott. Federico De Feo e del direttore tecnico Ing. Arch. Luca De Feo
Le operazioni di restauro oggetto dell’appalto integrato sono relative agli elementi lapidei e decorativi delle
emergenze architettoniche monumentali presenti nei complessi edilizi facenti parte del “Compendio edilizio del Quirinale”, ed articolate in sei interventi: ingresso principale – ex Loggia delle Benedizioni; ingresso chiuso su via del Quirinale Portale Monumentale; Coffee House Busti; Palazzo della Dataria – Portale e stemma sovrastante il portale; Palazzo Martinucci – Stemma quota terrazza; Palazzo Scuderie del Quirinale – Portale e stemma.
Gli interventi sono stati eseguiti dalla De Feo Antonio Restauri di Roma, sotto la supervisione del project manager Federico De Feo e del direttore tecnico Luca De Feo. Il titolare dell’impresa, Antonio De Feo, racconta e descrive alla redazione il primo restauro, quello relativo all’ingresso principale “ex Loggia delle Benedizioni” del Palazzo del Quirinale.
Vista l’importanza dell’oggetto del restauro, sono stati impiegati metodi di indagine e rilievi particolari dal punto di vista tecnologico?
Considerata la complessità scultorea delle superfici oggetto delle indagini e degli specifici interventi di restauro previsti, è stato contemplata, in supporto alle normali operazioni di rilievo metrico, la messa a punto di un rilievo specialistico effettuato mediante sistema laser scanner 3d, con successiva restituzione grafica del modello plastico. Si è successivamente proceduto alla mappatura dello stato di degrado della materia di ciascuna delle emergenze architettoniche e scultoree da restaurare con specifici elaborati grafici. L’individuazione scientifica delle differenti patologie chimiche o fisiche di degrado ha consentito di segnalare, sulle medesime tavole, gli interventi di restauro, classificati in operazioni di consolidamento, di pulizia e di protezione, e suddivisi secondo le tipologie della materia.
Quali altre operazioni sono state eseguite in questa fase di conoscenza dello stato di fatto?
Nel quadro introduttivo di conoscenza sono state effettuate indagini archeometriche e diagnostiche. Si e voluto ben sottolineare la distinzione tra i due domini (archeometria e diagnostica), perchè gli obiettivi che le due categorie di indagini si prefiggono sono nettamente diversi, sebbene le tecniche utilizzate siano spesso simili o addirittura le stesse. Ricordiamo, dunque, che le indagini archeometriche hanno per obiettivo lo studio degli oggetti materiali per quanto attiene la loro origine, provenienza, costituzione strutturale e materiale, mentre le indagini diagnostiche studiano le ‘patologie’ dei manufatti, ossia le loro alterazioni, i prodotti di degrado
e i processi che li hanno generati. Le indagini archeometriche, infatti, afferiscono alla categoria della conoscenza, mentre quelle diagnostiche,
a quella della conservazione.
Quali risultati hanno portato le indagini diagnostiche?
Il rilievo del degrado ha interessato l’analisi dello stato di conservazione della materia nell’ottica di perseguire una dettagliata programmazione degli interventi di pulitura, da un lato, e di consolidamento e protezione, dall’altro. Per ciò che concerne lo studio delle patologie di degrado connesse ai depositi superficiali di natura coerente e incoerente, sugli elementi lapidei monumentali è stata rilevata, in maniera più o meno diffusa, la presenza di croste nere e di patine biologiche (muffe, funghi e licheni) connesse alla migrazione capillare di acqua e di umidità. Nel medesimo contesto si è registrata la rilevante presenza di macchie verdi sul gruppo scultoreo voluto, si ricorda, nel 1615 da papa Paolo V Borghese, e composto dalle statue dei Santi Pietro e Paolo, di Stefano Maderno, e di Santa Maria Maggiore, di Guillame Berthelot collocata dal Bernini, tali macchie sono state cagionate dall’ossidazione degli elementi metallici in bronzo, consistenti nelle aureole, disposte sul capo dei due Santi, e nello “splendore” disposto sul capo della Madonna. In modo congiunto, si è proceduto all’analisi della materia al fine della programmazione degli interventi di consolidamento, di integrazione e di protezione.
L’analisi della materia quali evidenze ha, invece, fatto emergere?
La superficie è stata vagliata secondo un approccio analitico che ha messo in rilievo il quadro fessurativo, con conseguente indicazione degli elementi in travertino e in marmo sollevati, distaccati o lacunosi. Tale approccio analitico – cognitivo ha rilevato uno stato del degrado diffuso e composito, aggravato, per giunta, dalle conseguenze degli interventi di restauro condotti negli anni Novanta. I suindicati lavori, consistenti essenzialmente nell’applicazione di un impregnante silossanico tenace, eseguito senza compiere nel migliore dei modi le preliminari opere di pulizia, ha “fissato” nel tempo, di fatto, macchie e depositi incoerenti; ciò ha compromesso la superficie materica, rendendola impermeabile ad azioni di pulizia fino ad uno spessore di oltre 2 cm – è il caso, in particolare, degli ossidi di rame infiltratisi nel marmo delle statue dei Santi Pietro e Paolo e di Santa Maria Maggiore -. La sistematizzazione dei dati di studio emersi è avvenuta mediante la mappatura dello stato del degrado della materia di ciascuno degli elementi scultorei.
Dopo tutte le analisi avete potuto definire gli interventi di restauro. Può descrivere le varie fasi dei lavori?
L’individuazione tecnico – scientifica delle differenti patologie chimiche e fisiche di degrado ha consentito di segnalare, su specifici elaborati grafici, gli interventi di restauro, classificati in operazioni di consolidamento, di pulizia e di protezione, e suddivisi secondo le tipologie della materia. Particolare attenzione è stata data alla realizzazione delle opere afferenti la costruzione dei ponteggi atti a garantire la praticabilità dei luoghi anche nel corso dell’esecuzione dei lavori. A tal riguardo i tecnici della De Feo Restauri ha disposto ponteggi ad andito chiuso illuminati ed allarmati di cui seguono le immagini in corso d’opera e ad esecuzione finita. Sono state inoltre realizzate finiture consistenti nella tinteggiatura a finto travertino delle recinzioni in legno dei ponteggi, curando il minor impatto visivo sull’edificio. Sono state altresì realizzate pedane per i militari di guardia all’edificio in sostituzione
temporanea delle garritte.
Arrivando al progetto di restauro vero e proprio, quali sono stati i principali interventi di matrice strutturale?
Gli interventi di restauro condotti sul portale monumentale dell’ingresso
principale del Palazzo del Quirinale dal team di tecnici specializzati della De Feo Antonio Restauri hanno interessato in maniera estesa la superficie in
travertino della loggia Berniniana e i marmi dei gruppi scultorei del Maderno e del Berthelot. Sia per gli elementi scultorei in travertino che per quelli in
marmo è stato eseguito diffusamente un trattamento di preconsolidamento a base di silicato di etile emulsionato al 30%. Nei casi in cui la materia è apparsa fortemente decoesa, scagliata, fratturata o fessurata, è stato svolto in aggiunta un trattamento consolidante con silicato di etile emulsionato, in questo caso, al 70%; va segnalato al riguardo che la decisone di intervenire in modo esteso con il trattamento preconsolidante diffuso è parso necessario in fase di esecuzione lavori. Per ciò che ancora riguarda gli interventi di matrice strutturale, si è proceduto: al distacco dei frammenti pericolanti e all’incollaggio degli stessi nella posizione originaria mediante resina epossidica, previa pulitura e adattamento delle interfacce; al consolidamento di fessurazioni e fratturazioni mediante iniezione di resina acrilica, previa rimozione dei detriti all’interno della frattura e la protezione dei bordi; alla microstuccatura con malta di calce nei casi di esfoliazione, scagliatura e pitting, al fine di preservare la pietra dalla veicolazione capillare di acqua. Infine, la superficie lapidea è stata oggetto di un intervento protettivo superficiale realizzato con polisilossano dato a pennello, traspirante e non filmogeno.
Come è stata organizzata l’ultima fase, quella relativa alla pulitura delle superfici?
Per le fasi di pulitura i tecnici hanno eseguito, in analogia con gli interventi di consolidamento, lavorazioni diffuse e localizzate. L’intera superficie lapidea è stata pulita mediante acqua deionizzata, ma è parso indispensabile eseguire, in casi specifici, interventi, consistenti in impacchi di carbonato di ammonio veicolato da pasta di cellulosa, laddove è stata riscontrata la presenza di depositi superficiali coerenti (croste nere), e in trattamenti con agente chimico lichenicida e fungicida a base di sali di ammonio quaternario, laddove sono state rilevate patine biologiche. Per ciò che concerne le macchie generate dalle percolazioni di ossidi di rame, tanto gravi da aver imbibito in profondità parti delle superfici marmoree, si è proceduto con due tipologie di interventi: da un lato si è seguitato alla soluzione del problema alla fonte, smontando e pulendo in laboratorio, mediante trattamento con convertitore/passivizzante, le aureole e lo “splendore” poste a coronamento dei gruppi scultorei, dall’altro si è ridotta l’estensione delle macchie verdi mediante intervento di pulitura con impacchi di sepiolite. Infine, si è proceduto al trattamento degli elementi metallici della grata in ferro battuto
e in bronzo posta al di sopra del portale dell’ingresso principale previa pulitura con micro spazzolatura di precisione a controllo elettronico e applicazione di convertitore/passivizzante.